IL RUOLO CULTURALE DELL’INFORMATICA
NEI CORSI DI LAUREA DI TIPO UMANISTICO
Franco Eugeni: Presidente Onorario Mathesis Nazionale, Professore Ordinario di Istituzioni di Matematiche nell’Università di Teramo
Raffaele Mascella : Dottorando in Epistemologia e Didattica della Matematica
Abstract: I Corsi di Laurea di tipi umanistico nella recente rivoluzione dei nuovi ordinamenti universitari hanno subito una serie di cambiamenti che non hanno l’eguale nel passato. Ad esempio, molti corsi di Laurea quali ad esempio quelli di tipo letterario, sociale, sociologico, comunicativo, presentano un ventaglio di offerte formative che tengono molto in conto l’utilizzo delle nuove tecnologie. D’altra parte, se in Facoltà, come quelle di Ingegneria, il bagaglio matematico ed informatico sono stati decisamente ridotti, almeno nella fase iniziale triennale, è anche vero che altrove l’Informatica, più della Matematica, ha assunto il ruolo della onnipresenza. Dal punto di vista tecnico, si parla un po’ ovunque di scrittura, di documenti elettronici, di ipertesti, di multimedialità, della nascita di un nuovo mercato editoriale. Tutto ciò ha un profondo influsso sulla cultura di domani poiché attraverso questi mezzi veicolano contenuti che vanno ben al di la delle tecnologie che li trasportano. E’ così importante in molte sedi far iniziare un dibattito sul ruolo culturale che l’avvento della tecnologia informatica conferisce oggi al sapere. Ad esempio, ci avviciniamo al sogno di Leibnitz della costruzione automatica dei testi ovvero ritornano in auge i meccanismi complessi dell’arte della Memoria, accantonata con l’avvento della cultura del libro? E’ difficile prevedere oggi cosa si sostituirà esattamente alla cultura del libro, ma è già più che lecito pensare che nuove problematiche nascono e si pongono, specie nelle discipline umanistiche, proprio per l’avvento della Società dell’Informazione? La risposta che maggiormente ci sembra più interessante, dal punto di vista europeo in generale, ed italiano in particolare, è la nascita di una nuova disciplina, che di tali fenomeni si vuole occupare e che prende il nome di Informatica Umanistica (Computing in Humanities). Nel lavoro vengono presentati alcune osservazioni relative a queste problematiche con particolare riguardo all’esperienza di un corso tenuto dagli scriventi, presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Teramo.
1.- Un cenno sull’Informatica Umanistica
E’ piuttosto facile intuire che dal punto di vista culturale stiamo vivendo un periodo che si può definire di transizione. Con l’avvento del nuovo secolo un vecchio mondo sta scomparendo mentre uno nuovo, che non sappiamo ancora del tutto riconoscere, e certamente che non siamo ancora in grado di definire completamente, si sta realizzando – su scala mondiale – mediante l’incontro delle tecnologie dei media con quelle dell’informatica, sviluppando quella che oggi si chiama una Società dell’Informazione.
Chiunque oggi, possieda a casa un personal computer collegato alla rete telefonica, ha possibilità, impensabili fino a pochi anni fa, di accedere tramite la struttura di Internet, ad informazioni di ogni tipo, purchè acquisisca un minimo di esperienza per muoversi all’interno di questa enorme giungla delle informazioni che ci sovrasta. Il mutamento cui assistiamo da una parte ci esalta, ma dall’altra ci preoccupa e ci fa pensare. Infatti ogni innovazione tecnologica, nella comunicazione, comporta un mutamento culturale, che fa dimenticare la specifica cultura legata al precedente strumento di comunicazione.
Un paragone forse interessante è il seguente.
La scrittura ad un certo punto della storia del mondo creò la cultura del libro. Il processo fu lento, ma circa 500 anni fa nacque e si perfezionò la stampa e il veicolo culturale globale ebbe una notevole impennata. La scrittura era usata come registrazione delle merci o delle offerte al tempio o trascrizioni delle leggi. Il sapere era orale, poi lentamente i primi libri come raccolta dei saperi, pochi volumi scritti a mano e copiati a mano nei vari monasteri. Con la invenzioni dei caratteri mobili nacque il libro a stampa e con esso la diffusione della cultura anche grazie alla successiva nascita delle biblioteche.
Tutto il precedente mondo arcaico, legato alla oralità, divenne poco alla volta irrilevante e le metodologie di tale cultura subirono dei recessi e dei cali di interesse. Tipico è il caso della cosidetta Arte della memoria, disciplina che nel mondo classico appartiene alla RETORICA.
È noto che i Greci, inventori di tante arti, inventarono anche un’Arte della Memoria che, si diffuse, in Roma, negli anni 86-82 a.C., per merito di un ignoto maestro di retorica, compilatore d’un primordiale manuale di memoria: Ad Herennium, che attinge a fonti greche sull’educazione della memoria, probabilmente ad antichi trattati greci di retorica, oramai perduti. Tra i cultori, nel corso dei secoli, troviamo nomi prestigiosi come Platone ed Aristotile Cicerone e Quintiliano, Alberto Magno, Tommaso d’Aquino ed altri (cfr. Appendice 2). In prima approssimazione l’idea fu quella di imprimere nella memoria una serie di luoghi, cioè di memorizzare un sistema architettonico (Palazzo) nel quale idealmente – diremmo oggi virtualmente – organizzare (nel senso di associare) il proprio sapere con luoghi ed immagini.
La descrizione più chiara fu data da Quintiliano: per formare una serie di luoghi della memoria, egli dice, si deve ricordare un edificio, il più spazioso e vario possibile, con un atrio, soggiorno, camere e stanze. Nell’atrio ci saranno degli oggetti che ti ricorderanno tutti i tuoi discorsi preliminari, e sull’atrio si apriranno varie porte su differenti stanze, ciascuna di esse ti ricorderà un capitolo del tuo sapere. All’interno delle stanza, gli oggetti ti ricorderanno i dettagli di quel tuo sapere. Naturalmente in una stanza, se questo ti potrà servire, tu potrai aprire una porta che ti introduce nella una casa di un amico, o su una tua abitazione lontana, quella porta non esiste che nella tua mente, ma da lì tu potrai andare ad altri discorsi ed accedere ad altro sapere.
Costruire una memoria ben addestrata, era, per lo studioso, d’importanza vitale per la trasmissione della cultura, sia nei secoli che precedettero l’invenzione della stampa, sia nel tempo che, pur essendo nato il libro a stampa, il suo avvento era ancora poco significativo, per le poche e sparute biblioteche esistenti nel mondo culturale di 400/500 anni fa!
L’organizzazione della mente naturale di allora, secondo i dettami dell’arte della memoria, ha oggi le sue discendenze in svariati aspetti dell’architettura nell’organizzazione delle informazioni dentro un computer d principalmente nella cultura degli ipertesti.
Il fatto fondamentale è che nella testa due camere fisicamente lontane, rappresentanti due aspetti del sapere, possono essere virtualmente accostate, come negli ipertesti. In altre parole l’Arte della memoria non necessitava di sequenzialità. La memoria naturale è innata nelle nostre menti, essa è nata insieme con il pensiero stesso, la memoria artificiale o memoria potenziata è consolidata dall’educazione; una buona memoria naturale può essere migliorata e si può pensare in perenne evoluzione.
Con l’avvento dei barbari la cultura trovò rifugio nei monasteri e l’arte della memoria, con la cultura del libro e la nascita delle biblioteche, divenne superflua. Una certa ripresa delle problematiche, in direzione esoterica, si ebbe con Robert Fludd e i suoi teatri della memoria preludenti ai teatri globali. Oggi le tecniche dell’Arte della Memoria rivivono negli ipertesti e nella multimedialità. (cfr. Appendici, A3).
Altra idea fondamentale nello sviluppo della tecnologia informatica è quella alla quale ci si riferisce come al sogno di Leibnitz. In anticipo sui suoi tempi, Leibnitz nel suo progetto tendeva alla costruzione di un simbolismo adeguato “characteristica universalis” atto a esprimere le relazioni logiche, senza equivoci ed indecisioni, che costituissero il fondamento di un’algebra della logica, che conducesse ad un calculus ratiocinator applicabile a l’intero sapere umano. Leibnitz ipotizzava che la characteristica potesse essere “giudice delle controversie umane”. Egli sviluppò solo in parte la sua scienza. L’idea che fu ripresa da alcuni logici inglesi quali A.De Morgan (1806-1876), G.Boole (1815-1864) che ne furono i realizzatori e nell’opera di C.S. Peirce (1839-1914), uno dei primi codificatori dei metodi abduttivi e dei processi di conoscenza indiziari. I lavori di questi logici preludono ai lavori di Rudolph Carnap e Beltrand Russel, ma anche ai futuri linguaggi che costituiscono uno dei fondamenti della programmazione. (Cfr. A
Prodromi dell’idea di Leibnitz appaiono in Raimondo Lullo (1234-1315) e Carneade (150 a.C.) prima di lui. (Cfr. Appendici, A2).
Nella storia vi sono momenti di continuità e momenti di rottura, qualcosa continua nel nuovo e qualcos’altro viene dimenticato, perché ritenuto irrilevante.Oggi assistiamo a nuovi fenomeni di trasmissione e gestione della cultura fenomeni che fanno pensare ad una possibilità, forse non immediata, ma futuribile: la scomparsa della civiltà del libro, o almeno la scomparsa della centralità della cultura del libro. Quali fenomeni si connettono a questo diverso modo di gestire il sapere ci sarà detto dal futuro, dai nostri studi, dai vostri studi futuri.
L’interesse dei giovani per l’universo comunicativo nelle sue più varie forme è notevole. Questo universo di informazioni che genera una cultura in continua evoluzione, a volte caotica, sembra essere lo strumento adatto per orientarsi in un mondo multiculturale e globalizzato. Il sapere odierno sfugge alle rigide contrapposizioni del passato tra una cultura umanistica orgogliosamente rinchiusa nelle sue tradizionali certezze ed una cultura tecnico-scientifica. Negli impieghi delle tecnologie della comunicazione sono insiti anche diversi pericoli e diverse situazioni che occorre imparare a comprendere e gestire. Parlo ad esempio, dell’imparare a non confondere l’esperienza artificiale del mondo virtuale con quella del mondo reale. I nuovi modelli di sapere e dalla cultura sono estremamente accattivanti quanto essi si presentano nella varie integrazione di testi suoni, immagini, ma non bisogna dimenticare i concetti e il sapere che vi sono alle spalle e che hanno permesso i loro assemblaggi. L’animazione dell’astratto, – e astratti sono i testi, i suoni, le immagini, ecc. – per quanto accattivante, non può sostituirsi al sapere. La scrittura connette il campo umanistico a quello tecnologico e scientifico e nasce la disciplina nuova della Informatica applicata al testo letterario (Computing in Humanities) che oggi si ha tendenza a chiamare Informatica Umanistica. Tale disciplina parte dalla fondamentale idea che la tecnica è alla portata di tutti, mentre l’analisi raffinata dei testi non lo è affatto.
La cultura del libro ha portato su supporto cartaceo lo scibile umano nella sua totale interezza, per meglio conservare tale cultura , ma anche e specialmente per diffondere e gestire con più facilità, il vastissimo patrimonio culturale umano si aprono gli orizzonti del testo digitalizzato. L’operazione di digitalizzazione dei testi, operazione che in futuro ci condurrà alla creazione delle nuove biblioteche digitalizzate compota diverse difficoltà. Indichiamone alcune.
Partiamo da un esempio. L’intera collezione del Periodico di Matematiche non è posseduto interamente nemmeno dalla nostra Società. In alcune Università si trovano annate che non sono possedute da altre e così via. La semplice operazione di scannerizzazione di pagine in formato – diciamo fotografia – consente di copiare l’intera opera su diciamo al più 5 CD. Si tratta di una mole cartacea di circa 36.000 pagine per un peso di fogli formato A4 , per un totale di 72 risme. Poiché ogni risma ha 500 fogli e una risma pesa circa 3 kg, il peso complessivo dell’opera sarebbe di circa 140 kg, che occuperebbe all’incirca un prisma avente per base un foglio formato A4 e altezza 3,60 metri. Per chiunque desideri la raccolta completa, l’operazione di masterizzare 5 CD è operazione semplice, breve ed economica. Costo dell’intera operazione circa 4 volte il costo della semplice fotocopia per la prima copia (cfr. Appendici, A1).
L’obiettivo di avere quindi in modo sequenziale l’intera opera è una operazione semplice, che non comporta costi eccessivi, che si replica con estrema facilità, una volta ottenuto un primo supporto elettronico.Ma l’appetito viene mangiando e ad esempio nasce il desiderio, a partire da un indice generale – ne esiste già uno in supporto cartaceo, diffuso al convegno del Centenario – di raggiungere rapidamente un dato lavoro, solo cliccando sul titolo, bene anche questo è possibile. Ma inserendo opportuni motori di ricerca si può ottenere molto di più: possiamo ad esempio trovare tutti i lavori del collega Mario Rossi, oppure tutti i lavori sui frattali, oppure tutti i lavori nella cui bibliografia è citato Giuseppe Bianchi o anche il tale lavoro di Giuseppe Bianchi ed altro ancora. Tutto questo è possibile. Allora il testo elettronico come gestione diventa cosa di notevole interesse. Si annullano le distanze tra due punti di una lunghissima sequenza cartacea, i tempi di attesa nello scorrere la sequenza e il lungo andare avanti ed indietro nel cercare i lavori di Mario Bianchi. Si entra in quello che oggi si dice un ipertesto.
Molto importante è il problema della portabilità dei documenti, che vuol dire indipendenza dalle piattaforme hardware e software esistenti ad oggi. Non dobbiamo, infatti, rischiare che i nostri dati muoiano assieme a una determinata macchina o assieme a un certo programma, ma dovremo essere sempre in grado di conservare l’informazione, qualunque sia il supporto tecnico. Il problema si risolve per mezzo di un linguaggio di marcatura che dichiari esplicitamente e in maniera univoca l’informazione che intendiamo conservare, assieme al modo con il quale la vogliamo conservare. Solo pochi anni addietro, ad esempio, le ricerche bibliografiche richiedevano spesso il trasferimento dello studioso presso le istituzioni ove risiedevano le risorse informative: vedi il caso che ho citato del Periodico di Matematiche, oggi è possibile recuperarle senza muoversi dalla propria sedia, con un considerevole risparmio energetico,materiale e , in definitiva , economico. In particolare quando il Periodico in forma elettronica sarà pronto ad esso si potrà accedere da Internet!
Aumenterà il tempo a disposizione per pensare,elaborare,inventare ? Questo è sicuro, dobbiamo solo chiederci se siamo preparati ad usufruirne e se siamo pronti a capire le implicazioni derivanti dal fare parte di una comunità allargata quale è quella offerta da Internet. Se fino a qualche anno fa vivevamo in un relativo isolamento fisico e culturale, infatti le innovazioni, le mode, le filosofie ecc., ci giungevano come echi lontani che venivano assorbiti gradualmente, senza alcuna possibilità di replica da parte nostra, oggi è possibile interagire non solo a livello istituzionale ma anche personale, diventando soggetti attivi, pensanti e non più semplice massa, del tipo pubblico televisivo. Il mondo è diventato piccolo!
- Ipertesti e cultura
L’ipertesto più massiccio oggi noto è tutto il complesso costituito da Internet. Si tratta di una grande opportunità offerta, sia all’utente occasionale che allo studioso, per approfondire le proprie conoscenze su qualunque argomento. Molti autori del passato più o meno recente hanno usato quale strumento di rimando,all’interno di un testo scritto,la tecnica delle note a piè di pagina e dei riferimenti ad altre parti del testo (questo è l’ipertesto) per consentire al lettore di approfondire il significato di una parola e/o di un concetto e di stimolarlo alla formulazione di nuovi elementi .Queste operazioni, però, sono sempre avvenute nell’ambito libro-lettore, in un circuito quindi chiuso e spesso funzionante in modo unidirezionale. Perciò il testo tradizionale, pur conservando i fondamentali requisiti della comodità di trasporto e della facilità di impiego,presenta sempre di più il notevole limite di ostacolare il lettore nella scelta del proprio percorso di lettura, nell’interazione con l’autore, nel dare il proprio contributo alla crescita del testo con gli apporti personali. Senza voler sminuire la validità del supporto cartaceo, si può ritenere che l’ipertesto elettronico gli si affiancherà, riuscendo a colmare le lacune anzidette ; insieme potranno diventare strumento di crescita individuale e collettiva del pensiero, di stimolo all’approfondimento delle più svariate tematiche che possono derivarne; analogamente alle connessioni neuroniche che si formano nel cervello fin dalla sua origine, evolvendosi nello sviluppo, per giungere alle complesse interazioni fra l’ “Io” individuale e quello collettivo .
Già oggi l’ipertesto:
- permette a chiunque di raccogliere informazioni in un contesto molto ampio;
- consente di coordinarle ,organizzarle,elaborarle ed offrirle;
- stimola chiunque sia fortemente motivato a produrre nuove proposte, idee e a presentarle sulla rete attivando così nuove sinergie,grazie anche alla posta elettronica, ai gruppi di discussione e contribuendo a migliorare, in definitiva, i
- rapporti umani e quindi la crescita culturale ed economica di una moderna società civile.
- la possibilità di “cliccare” sul video una parolina colorata in blu per ricevere come ricompensa una pagina ricca di spegazioni relative al termine cliccato.
- le istruzioni su l’acquisto on line di qualunque oggetto reperibile sul mercato.
- comporterà notevoli variazioni sulle metodologie di insegnamento e di
- fuori della ricerca, nel mondo del lavoro, le occupazioni tipiche dei giovani che si occupano di queste problematiche sono le collaborazioni con le case editrici, con la RAI, con le software house.
- l’utilità delle biblioteche virtuali, che ormai sono molte in tutto il mondo, è incontestabile: si frantumano i tradizionali rigidi spaccati tra campi di studio così diversi, con effetti sulla spazialità, su noi stessi, sulla ricerca.
Stiamo perciò assistendo ad un cambiamento lento, ma progressivo, di intendere i rapporti fra le persone grazie alla possibilità offerta dai nuovi media di fondere le esperienze individuali in una magmatica esperienza collettiva alla quale ognuno potrà apportare il proprio contributo I grandi cambiamenti non avvengono mai all’improvviso ; richiedono anni perché si formi un substrato fertile, rappresentato dalla cultura, sintesi di molteplici domande che si pone la collettività. Occorre un buon seme, indicabile nelle potenzialità delle risorse umane; tutto ciò non può crescere se mancano un buon concime e delle amorevoli cure e cioè le sensibilità politica e sociale all’importanza della cultura, anche nell’evoluzione tecnologica . L’ipertesto di Internet è frutto di un’articolata e complessa macchina organizzativa che potrà arricchirsi di contenuti solo se si affermerà la volontà di ognuno di noi di farlo crescere in senso costruttivo, come un “sistema nervoso” che si evolve sotto l’azione degli stimoli dell’esperienza. Nella terra natale di Internet, non è un caso ,oramai da alcuni anni si stanno affermando le tecniche di costruzione ipertestuale aperta , simbolo di autentica democrazia in quanto il singolo o il gruppo che elabora questi ipertesti già li vede come potenzialmente fruibili da altri, i quali possono ulteriormente migliorarli, in una crescita teoricamente e praticamente senza fine.
Appendici
A1. UN CONTEGGIO RELATIVO AL PERIODICO DI MATEMATICHE
L’intera collezione del Periodico di Matematiche, fino a qualche tempo fa, non era posseduta, interamente, nemmeno dalla nostra Società. In alcune Università si trovano annate che non sono possedute da altre e così via.Oggi le parti mancanti sono state reperite e fotocopiate e ci si accinge ad una complessa operazione di digitalizzazione.La semplice operazione di scannerizzazione di pagine in formato – diciamo fotografia (pecisamente JPEG ovvero Pdf) – consente di copiare l’intera opera su diciamo circa 5 CD. Si tratta di una mole cartacea di circa 36.000 pagine per un peso di fogli formato A4 , per un totale di 72 risme. Poiché ogni risma ha 500 fogli e una risma pesa circa 3 kg, il peso complessivo dell’opera sarebbe di circa 140 kg, che occuperebbe all’incirca un prisma avente per base un foglio formato A4 e altezza 3,60 metri. Per chiunque desideri la raccolta completa, l’operazione di masterizzare 5 CD è operazione semplice, breve ed economica. Costo dell’intera operazione circa 4 volte il costo della semplice fotocopia per la prima copia. Un po’ di semplici conteggi ci spiegano l’entità dell’operazione in termini di memoria.
In formato testo il fattore principale di cui bisogna tener conto non è il numero delle pagine ma il numero di caratteri per pagina. Nella formattazione standard DOC di Word, considerando pagine nel formato standard del Periodico (corpo 12, interlinea 1), ma senza formule o grafici, si ha una media di 80 Kb per un articolo di 10 pagine. Una uscita di 80 pagine occupa, pertanto, circa 640 Kb. Poiché partiamo da una base di circa 36000 pagine, che danno luogo a 450 fascicoli da 80 pagine, ciò produce un’occupazione di memoria pari a circa 280 Mb, ovvero meno della metà di un usuale Cd-Rom. Se invece utilizzassimo una formattazione diversa l’occupazione di memoria cambierebbe anche in modo considerevole. Alcuni esempi: utilizzando la formattazione RTF, l’occupazione di memoria si ridurrebbe di un terzo, utilizzando la più semplice formattazione TXT (con tutti gli inconvenienti che ne conseguirebbero) il peso si ridurrebbe di circa la metà. Se considerassimo però pagine formattate in DOC aventi anche formule e grafici, anche solo vettoriali (e sappiamo quanto ciò, a volte, sia ineludibile), avremmo una media di 140 Kb per un articolo di 10 pagine, dunque circa 1 Mb per una uscita di 80 pagine, ovvero una media di 450 Mb per le complessive 36000 pagine.
Ovviamente questo calcolo è solo approssimato in quanto la presenza di immagini rende il calcolo difficilmente standardizzabile, soprattutto se queste sono di tipo bitmap con risoluzione elevata. In tal caso la memoria occupata dipende innanzitutto dal numero e dalla grandezza delle immagini.
Tutto ciò sarebbe applicabile avendo a disposizione l’intero archivio del Periodico in forma digitalizzata (con la quasi totalità delle uscite da riscrivere interamente).
In un più semplice formato immagine (ottenibile attraverso la scansione delle riviste) potremmo richiedere una qualità non altissima, ad esempio una risoluzione di 80 dpi, ed utilizzare un formato di compressione, diciamo JPEG. Con queste caratteristiche, un file immagine avente le dimensioni di una pagina tipo del Periodico occuperebbe 63 Kb, ovvero un totale di circa 2215 Mb per le complessive 36000 pagine. In tal modo non basterebbero 3 Cd-Rom. Ovviamente, per una migliore leggibilità del prodotto, bisognerebbe considerare anche un’interfaccia di navigazione che, nel caso fosse complessa con possibilità di ricerca fra tutto il materiale a disposizione, potrebbe anche richiedere qualche Mb.
Per una migliore “leggibilità” del prodotto potremmo pensare, inoltre, ad un “comodo” formato Pdf. Un file alla grandezza pagina A4 avente in ogni pagina una foto bitmap di una pagina del Periodico, occuperebbe per pagina, alla compressione e-book, circa 100 Kb, per un totale complessivo di circa 3500 Mb per tutto il materiale da scansionare: ovvero un po’ più di 5 Cd-Rom. Anche in questo caso, comunque, l’occupazione di memoria varierebbe in base alla compressione scelta (con conseguente variazione della qualità di visualizzazione e di stampa), ed inoltre bisognerebbe aggiungere una piccola spesa di memoria per l’interfaccia di navigazione tra i vari articoli.
A2. PRODROMI INFORMATICI NELLA LOGICA : IL SOGNO DI LEIBNITZ
I Cinesi non risulta che avessero, in tempi remoti, una aritmetica speculativa. Tuttavia nei loro libri di divinazioni utilizzarono chiaramente la numerazione in base 2. In Europa questa idea apparve molto più tardi, parzialmente per merito del Barone scozzese J. Napier, ma fu poi ripresa, approfondita e sviluppata da Leibnitz.
Raimondo Lullo (1234-1315) fu un precursore della Logica Matematica ed esercitò un grande influsso sul pensiero di Leibnitz. Lullo aspira a costruire un procedimento meccanico che permetta di ottenere in modo sistematico ogni deduzione a partire da principi dati. L’idea era parzialmente presente in Carneade (150 a.C.), il “chi era costui” del manzoniano Don Abbondio. Carneade, a quanto sembra, fu il primo a porsi nell’ottica che nel costruire una teoria razionale non si può definire ogni oggetto, e quindi dimostrare ogni teorema, poiché ciò darebbe luogo ad un regressum in infinitum. Occorrono dunque dei punti di partenza accettati, che generalmente si dicono “postulati” secondo Euclide, “principi dati” secondo Lullo, “conoscenze innate” secondo Leibnitz, “rivelazioni divine” secondo altri, come Newton. La finalità è sempre dimostrare le conseguenze dalle premesse, quali che siano i motivi della accettazione delle stesse.
Proseguendo nel discorso ed in ordine alla accettazione non passiva delle premesse, seguendo Leibnitz, la validità di una scienza poggia sulla concezione della razionalità del reale e questo vale essenzialmente per le premesse, che devono essere non solo innate ma devono anche rispecchiare il reale. Per il dedurre Leibnitz inseguiva una sua grande idea, certamente in anticipo sui tempi, alla quale ci si riferisce come al sogno di Leibnitz.
Tale idea consisteva nella costruzione e ricerca di un simbolismo adeguato “characteristica universalis” atto a esprimere le relazioni logiche, senza equivoci ed indecisioni, che costituissero il fondamento di un’algebra della logica che permettesse un calculus ratiocinator applicabile a l’intero sapere umano. Egli è convinto che la characteristica sarebbe dovuta divenire “giudice delle controversie umane” così che gli errori dell’uomo si sarebbero potuti comparare ad errori di calcolo, facilmente correggibili con semplici ed attente revisioni delle catene di deduzione: i calcoli logici. Leibnitz sviluppò solo in parte la sua scienza e lo fece in modo sensibile nella costruzione del calcolo infinitesimale. Introdusse diversi simboli logici e si occupò della ricerca di concetti semplici da mettere a base dello sviluppo della conoscenza.
L’idea di sostituire al linguaggio ordinario un linguaggio logico adeguato ricompare in molti logici inglesi quali A.De Morgan (1806-1876), G.Boole (1815-1864) che ne furono i realizzatori e nell’opera di C.S. Peirce (1839-1914), uno dei primi codificatori dei metodi abduttivi e dei processi di conoscenza indiziari. Tutti costoro preludono ai lavori di quelli che saranno i grandi logici del XX Secolo quali Rudolph Carnap e Beltrand Russel, ma anche ai futuri linguaggi che costituiscono uno dei fondamenti della programmazione.
A3. PRODROMI D’INFORMATICA NEL MEDIOEVO: L’ARTE DELLA MEMORIA
I Palazzi di Memoria
noto che i Greci, inventori di tante arti, inventarono anche un’Arte della Memoria che, attraverso la fase oscura del Medioevo, con Simonide di Ceo nel 470 a.C., Platone ed Aristotele, fu trasmessa a Roma da Cicerone e da Quintiliano e da loro si diffuse e s’inserì nella tradizione europea. Quest’Arte cerca di fissare i ricordi attraverso la tecnica di imprimere nella memoria sia i luoghi sia le immagini; da taluno nel passato fu catalogata come mnemotecnica, nei tempi moderni sembra essere divenuta un ramo secondario dell’attività umana. La nostra tesi è provare che quest’antica e gloriosa arte non è un ramo secco, ma che l’idea del passato, di costruire una memoria ben addestrata, allora d’importanza vitale per la trasmissione della cultura, ha oggi le sue discendenze in svariati aspetti dell’architettura nell’organizzazione delle informazioni dentro un computer.
Dal Medioevo al Rinascimento in molti tentarono di costruire un Palazzo di memoria, tra questi famoso fu quello del Gesuita marchigiano Matteo Ricci. Il Ricci visse, per molti anni in Cina, creò anche una sorta di grammatica in italiano della lingua cinese, costruì profonde analogie tra la struttura linguistica ad ideogrammi e l’arte della memoria. La disciplina denominata Arte della memoria, nel mondo classico appartiene alla RETORICA, come la tecnica di imprimere nella memoria una serie di luoghi, dei quali la tecnica più nota fu quella di ideare e memorizzare un sistema architettonico (Palazzo) nel quale idealmente – diremmo oggi virtualmente – organizzare il proprio sapere.
La descrizione più chiara fu data da Quintiliano: per formare una serie di luoghi della memoria, egli dice, si deve ricordare un edificio, il più spazioso e vario possibile, con un atrio, soggiorno, camere e stanze.
Nell’atrio ci saranno degli oggetti che ti ricorderanno tutti i tuoi discorsi preliminari, e sull’atrio si apriranno varie porte di differenti stanze, ciascuna delle quali ti ricorderà un capitolo del tuo sapere. All’interno delle stanza gli oggetti ti ricorderanno i dettagli di quel tuo sapere. Naturalmente in una stanza, se questo ti potrà servire, tu potrai aprire una porta che ti introduce nella una casa di un amico, o su una tua abitazione lontana, quella porta non esiste che nella tua mente ma da lì tu potrai andare ad altri discorsi ed accedere ad altro sapere …
Cicerone fa ben notare come l’invenzione della memoria di Simonide poggiasse non solo sull’importanza dell’ordine per fissare il ricordo, ma anche sulla scoperta che tra tutti i sensi vi è anche quello della vista nella mente, che può essere considerato il più forte; infatti, com’è stato osservato da Simonide sono ben più complete le figure mentali che si formano nella nostra mente, dopo profonde ed accurate osservazioni.
È facile dedurre che persone desiderose di addestrare la facoltà della memoria, devono scegliere alcuni luoghi e formarsi immagini mentali, in modo che l’ordine dei luoghi nella mente garantisca l’ordine delle cose nella mente e nel discorso. Ne segue che in noi si vengono ad avere due tipi di memoria: la memoria naturale e quella artificiale. La memoria naturale è innata nelle nostre menti, essa è nata insieme con il pensiero stesso, la memoria artificiale o memoria potenziata è consolidata dall’educazione; una buona memoria naturale può essere migliorata e si può pensare in perenne evoluzione.
Negli anni 86-82 a.C. un ignoto maestro di retorica in Roma compilò un primordiale manuale di memoria dal titolo: Ad Herennium. Quest’opera, che attinge a fonti greche sull’educazione della memoria, probabilmente ad antichi trattati greci di retorica, oramai perduti, sembra essere la sola trattazione latina sull’argomento, che ci sia pervenuta e che sia servita, come spunto, a Cicerone e Quintiliano. Così essa costituisce la fonte principale, per l’arte della memoria classica, sia per il mondo greco sia per quello latino.
La memoria artificiale si basa su luoghi reali e su immagini, un locus è un posto facilmente afferrato dalla memoria, come una casa, un angolo ecc.; le immagini sono forme, simboli che desideriamo ricordare. Chi abbia imparato la mnemonica può sistemare – diciamo virtualmente – nei luoghi tutto ciò che ha udito e ripeterlo, ripescarlo, usarlo come oggetto depositato nella memoria. Per ricordare molti eventi dobbiamo provvederci di un numero ampio di luoghi.
Aristotele ebbe certamente familiarità con la memoria artificiale, la teoria d’Aristotele sulla memoria è basata sulla teoria della conoscenza, esposta nel “De Anima”, dove Aristotele afferma che è impossibile pensare senza un’immagine mentale; la memoria appartiene alla stessa parte dell’anima alla quale appartiene l’immaginazione. La memoria, poiché, si collega con le impressioni sensoriali, essa non è peculiare dell’uomo: infatti, è parere di molti che anche certi animali sono dotati di memoria, magari più istintiva che cosciente, ma pur sempre memoria. Uno dei vantaggi della memoria artificiale risiedeva nella possibilità che il suo possessore poteva prendere le mosse da ogni punto degli intricati luoghi del suo palazzo di memoria e tali suoi luoghi poteva percorrerli in ogni direzione, attraverso vari e possibili cammini, attraverso immaginari corridoi, ed innumerevoli porte.
Platone, diversamente da Aristotele, credeva in una conoscenza non derivata da impressioni sensorie. Secondo lui occorreva sempre osservare la realtà; tutta la conoscenza e tutto l’apprendimento essendo solo tentativi di ricordare la realtà (la fondamentale opera platonica sull’argomento è il “Fedro”).
La memoria in senso platonico è fondamentalmente legata al reale, le idee di Aristotele sono essenziali per tutto il pensiero scolastico e medievale, il pensiero platonico si sviluppa come essenziale per l’arte mnemonica del Rinascimento. Fu Metrodoro di Scepsi a compiere un passo avanti in quest’arte, creando un procedimento di fissazione mnemonica di note o simboli, o stenogrammi, collegato con lo zodiaco.
Nel mondo sommerso dei barbari del Medioevo, le voci degli oratori tacquero, la cultura trovò posto e rifugio nei monasteri e l’arte della memoria, divenne superflua, sebbene la tecnica quintilianea di fissare nella memoria una pagina ben scritta, ben predisposta, possa essere stata ancora utile. È Marziano che in qualche modo tramanda al Medioevo la mnemonica collocata entro lo schema delle arti liberali.
L’interpretazione etica o prudenziale della memoria artificiale, è probabilmente opera dell’alto Medioevo. Si ha allora un’idea di ciò che fosse l’arte della memoria medievale, prima che se ne occupassero gli scolastici. Uno dei più importanti centri che quest’arte fu Bologna con la scuola Boncompagno da Signa, autore di due opere sulla retorica, tra cui la famosa “Rethorica Novissima”. Per Boncompagno la memoria artificiale è un’arte ed la sua scoperta si ritiene dovuta all’ingegno. Alberto Magno considerava la memoria una parte sensitiva dell’uomo, e la reminiscenza la parte intellettiva. Si afferma che Tommaso d’Aquino possedesse una memoria (esercitata) fenomenale che Cicerone avrebbe detto quasi divina. Giova ricordare che lo scopo dei dotti domenicani, cui Tommaso e Alberto furono rappresentanti, era l’utilizzo del rivisitato sapere aristotelico principalmente per difendere la Chiesa e per confutare le argomentazioni degli eretici.
La sapienza di Tommaso d’Aquino è rappresentata sulle pareti della sale capitolare del Convento domenicano di Santa Maria Novella in Firenze, dove si esaltano le sue virtù ¨ (teologali, cardinali).
Il Teatro della memoria di Robert Fludd
In Europa, gli influssi ermetici raggiunsero il loro culmine durante il Rinascimento. Uno dei filosofi ermetici più noti fu Robert Fludd; egli appartenne alla tradizione ermetico-cabalistica del Rinascimento. Il sistema di memoria di Fludd è più sofisticato dei Palazzi della memoria del passato. Egli rappresentava il suo sistema attraverso il cosiddetto “Teatro di memoria”, composto di stanze di memoria, ma associati ai cieli rotondi, perché le stanze erano – virtualmente – poste nello zodiaco. Il palcoscenico ove si rappresentavano mentalmente le “memorie” (conferenze, teorie, dialoghi, ecc.) era, di fatto, l’intero zodiaco, chiamato il “Cielo Rotondo”.
S’innestarono due diversi tipi di arte: l’arte Rotonda che si occupava dell’immaginario collettivo del tempo e faceva riferimento a immagini della mente totalmente ideali (figure delle stelle, talismani, segni dello zodiaco) e l’arte Quadrata, sostanzialmente l’arte della memoria tradizionale, sia pure artificiale, che si connette con l’idea classica di “edificio della memoria” e che utilizza luoghi reali in edifici reali. I sistemi di memoria di Fludd utilizzano oculate misture di arte Rotonda e arte Quadrata nell’idea di far intervenire nei luoghi recanti immagini di memoria, quella che lui chiama “energia astrale” che immaginariamente è una sorta di immaginario sacrale, o se si vuole l’energia dovuta alla sinergia di tutti coloro che interagiscono nel pensiero collettivo.
Con il termine teatro, così, non intende ciò che è un teatro nel senso comune del termine, in altre parole un edificio dotato di un palcoscenico ed una platea, ma si intende semplicemente il “solo palcoscenico” – beninteso virtuale – dove rappresentare le immagini che sono nel nostro io. Fludd introduce con queste parole il suo teatro: “Chiamo teatro un luogo in cui tutte le azioni di parole, pensieri, e particolari di un discorso o di un argomento, sono rappresentati come in un pubblico teatro, dove si rappresentano tragedie e commedie.” Fludd intende avvalersi di questo teatro come di un sistema di luoghi mnemonici detti “public theatres “, dove si rappresentano commedie e tragedie, ma dove è unico protagonista il possessore/oratore del Teatro e attori tutti coloro che hanno relazioni con il possessore/oratore.
Fludd lascia intendere di avere appreso o meglio progettato e costruito la sua arte di memoria in Francia. In una sezione sull’arte della geomanzia nell’ Utriusque Cosmi Historia, dice di avere praticato geomanzia ad Avignone nell’inverno 1601-602, dopo avere lasciato Marsiglia, dove era stato come istruttore del duca di Guisa e di suo fratello nelle scienze matematiche.
L’uomo di Fludd poiché microcosmo, contiene in potenza il mondo intero, per rifletterlo interiormente; l’arte di memoria occultista di Fludd è un tentativo di riprodurre la relazione macrocosmo-microcosmo, stabilendo o formando o portando a coscienza nella memoria del microcosmo il mondo che egli contiene che è immagine del macrocosmo, immagine sacrale a sua volta del Grande Architetto dell’Universo. In altre parole il “teatro della memoria” di Fludd è un specie di Tempio, immagine del modo intero reale e spirituale, dell’individuo e del suo microcosmo. Una delle figure di Fludd rappresenta in forma visiva il riflettersi dei vari mondi entro la mente e evidenziando la memoria del microcosmo, mostra un uomo che raccoglie impressioni sensoriali dal mondo sensibile, attraverso i suoi cinque sensi, con una apertura – l’occhio sulla fronte – verso una miriade di sensi nascosti, non esercitati.
Bibliografia
Cicerone, Ad Herennium, Loeb Classical Library, New York 1968.
Quintiliano, Institutio Oratoria, vol. IV, Loeb Classical Library, N.Y. 1936.
Yates Frances A., L’Arte della Memoria,(trad, it.), Einaudi, Saggi 487, Torino 1972.
Ricciardi M.-Agosti M.-Melucci M., Ipertesti e information retrival, Pensa Multimedia, Lecce, 2000
Ladini B.-Savy C., Informatica per le Scienze Umane, F. Angeli, Milano, 1999
www.apav.it (voce: nuclei di ricerca didattica)
Nel sito si trovano tutte gli argomenti trattati nelle lezioni, esercitazioni e attività pratiche nei corsi suddetti e tutti i rimandi ad una dettagliata bibliografia.