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Il concetto di Canone allargato

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VERSO UNA POSSIBILE DEFINIZIONE DI CANONE ALLAGATO

di Franco Eugeni

Non è possibile che io spieghi l’idea di pseudo-canone o canone allargato senza ripercorrere con le persone che mi stanno leggendo quello che è stata la storia del mio personale incontro con  Sherlock Holmes e con lui il suo mondo.

L’idea di costruire uno pseudo-canone o canone allargato che tenga conto dei un buon 70% dei pastiches  prodotti mi ha sempre affascinato. Pur conoscendo Sherlock Holmes fin dai tempi del mio Liceo, l’idea di Canone entrò piu’ tardi nella mia testa. Ero studente del terzo anno di Università quando acquistai, lo ricordo ancora, l’intera raccolta de “I girasoli” sulle opere di Sherlock Holmes, Avvenne in una libreria di Via Indipendenza, dove depositai tutti i miei soldi delle pur copiose ripetizioni che facevo a quel tempo, in cambio di quelle costole rosse della Mondatori. Divorai le storie che non conoscevo, fui colpito dalle storie non scritte di Watson, che ho odiato (non conoscendo il Big Game ho odiato Watson e non ACD)  per non averle scritte. Qualche anno dopo la sorpresa di due nuove costole rosse (1). Erano molto belle quelle costole rosse e lo sono ancora visto che, sia pure un po’ consunte, sono ancora nella mia biblioteca, tra le opere che ho sempre portato con me nelle varie città e nelle numerose case che ho abitato a Bologna, Modena, L’Aquila, Giulianova, Teramo, Roma e Roseto degli Abruzzi, da quel buon girovago che sono. Negli anni che trascorrevano ogni tanto trovavo qualcosa. Negli anni ’70 trovai Uno studio in nero, prima in una edizione inglese “A study in terror” poi nell’edizione dei Gialli Mondatori. Era sempre una magnifica scoperta. Mi ricordo un giorno che, aprendo un Urania (sono stato sempre un patito di questa collana che ho preso in edicola dal N. 1 fino a circa il N.600, quando ho interrotto l’acquisto continuo), notai “L’ultima  avventura di S.H.” (2). Quando mi piacque quell’ S puntato ed l’H puntato, era un modo di scrivere andando oltre i diritti, allora si doveva fare!

Scovai su un giornale la notizia del  volume Longanesi “Le avventure di Solar Pons”, che a dire il vero non ho mai visto in alcuna libreria. L’ordinai, mi piacque moltissimo. Questo investigatore che secondo Vincent Starret ci strizza l’occhio e dice  … io non sono SH … ma spero di piacervi ugualmente è impagabile. (3) In questo volume incontrai un elenco di pastiches rarissimi e notizie su: The misadventures of SH, di Ellery Queen, quello del 1944, uno dei pezzi buoni della mia collezione. Ancora trovai, in quel periodo,  in un catalogo del Club Italiano dei lettori, il volume di Meyer : La soluzione settepercento. Interessante ed impegnata. Seppi allora di una critica specializzata, poiché trovai citazioni che mi condussero a scoprire l’opera monumentale di William Baring-Gould ma anche quelle di Trevor Hall e di Vincent Starret.  Qualche anno dopo trovai Orrore nel West End, in libreria.

Il bel volumetto della Sonzogno dal titolo “La vita privata di S.H.” lo trovai in una edicola romana vicino alla chiesa di S.Maria Maggiore, zona dove ero per essere in una commissione di concorso, esattamente l’ultimo concorso per professori, fatto a livello nazionale. Era forse il ‘75, ancora i  bei tempi che, edicole differenti avevano offerte differenti, oggi il gusto dell’edicola è un po’ perso. Avevo un mio giro a Roma di rivenditori di libri usati e di edicole interessanti, che periodicamente erano il mio terreno di caccia. Non vedevo l’ora di leggere e sfogliare quel libro che avevo trovato, fatta la mia giornata di lavoro,  divorai letteralmente il romanzo sull’autobus del mio rientro all’Aquila. Gli Hardwick ci presentavano uno S.H. diverso, si era decisamente differente, era lui ma …. Forse fu in quel periodo che maturai l’idea di scrivere qualcosa anch’io, scrissi con mia figlia “La storia della gruccia di alluminioe ”La società degli Accattoni Dilettanti”, due untold stories,  rimaste tanti anni  nel cassetto. All’inizio degli anni ’80 ebbi  un invito a tenere una Conferenza a Termoli, feci una  sosta di un’ora alla Stazione Ferroviaria di Pescara, Quella orami demolita. Nella indispensabile gurdata in edicola mi colpisce un titolo: “Moriarty è vivo” di John Gardner – ben sapevo chi era il personaggio ma anche l’autore (Gardener allora ancora non scriveva nulla su James Bond),  pochè possedevo tre romanzi della serie Segretissimo su quel  un simpatico killer pasticcione e fortunato : Boyse Oakes. Ero curioso, non trovai un posto tranquillo dove leggere, allora tornai in edicola e toh! S.H. a Dallas, un colpo, due in un giorno, dopo tanti anni. Tuttavia ebbi una forte esitazione, fui certo che c’entrava Kennedy, lo lessi in copertina. Stavo per non prenderlo, oggi capisco il perchè: il titolo non era pseudocanonico. Del resto Kennedy era del mio tempo, ricordo che   ero nella Biblioteca dell’Istituto di Matematica di Bologna,  alcuni mesi prima della mia laurea e venne un amico a dire che Kennedy era stato ucciso. Che cosa ci poteva entrare S.H. con Kennedy.  Non l’ho mai letto, il libro è un falso, è solo lì,  un punto dello scaffale, non che non abbia i suoi diritti, è solo che a me soggettivamente non piace.

L’altro volume “Moriarty è vivo” lo lessi in treno – un capolavoro, da riscoprire in tutti i dettagli, uno studio magnifico della Londra Vittoriana  – un superbo Gardner. Quel Moriarty  non me l’aveva  mai raccontata giusta con il suo teorema del binomio! – subito quando incontrai questa cosa realizzai che non poteva essere. La soluzione è in un pastiche dell’ultimo capitolo di questo volume, peraltro  noto ai partecipanti al convegno di Sesto Fiorentino del 1999.

Facendo un passo indietro la passione per il Romanzo popolare viene da mio nonno paterno. Nella sua casa di Ascoli Piceno ebbi modo di conoscere,  primi tra tutti Lord Lister, Bufalo Bill e Petrosino, ne aveva una stanza piena. Mia nonna non voleva che io leggessi quelle porcherie. Mio nonno invece mi regalò  un romanzo della Palma, forse era Penelope la magnifica ladra, non so con quale titolo. Poi mio padre cominciò a coprare Maigret – credo di aver letto tutto o quasi quello che c’era nelle estati ’52 e ’53. –  Per anni non ho trovato più nulla. Dovevo andare a Mystifest, ero d’accordo con Umberto Bartocci,poi …non andai, non so più  perchè. Ma ebbi da Umberto una cartolina, poi la fotocopia de “l’innamorata di Sherlock”, un pezzo DI un giallo Mondadori e della copertina di “Il figlio di Sherlock Holmes”, quello della Zenit. Conservo gelosamente queste reliquie, ciascuno le sue!

…..poi, il libro di Enrico Solito …..che sorpresa ….rimasi a guardarlo estasiato, un italiano che scriveva di Sherlock Holmes! (4) Il volume perfettamente pseudo-canonico, comunicativo, ed infatti contattai Enrico alla e-mail che indicava sul libro: un amico! Così  ripresi ad occuparmi di Sherlock Holmes, questo Enrico incoraggiante, entusiasta, quando gli scrissi dei due apocrifi e di  mia figlia, mi chiese subito di ritrovarli: fai muovere il Watson che è in te! Mi disse Enrico.

Ancora un colpo di fortuna, andai a Giulianova dove ho una stanza di materiale vario, e anche se non a caso, ritrovai una cartella su Sherlock Holmes: i due pastiches  completi, un tentativo di inizio del topo di Sumatra, un secondo tentativo sui patriarchi copti ma principalmente tanti appunti: appunti di notizie, date, tentativi di classificazione del canone, inserimenti di Solar Pons, le storie di Adrian e degli Hardwick nel canone, da un lato la scritta “S.H. a Dallas –improbabile!”. L’idea che ho oggi di pseudo-canone era già lì, 20 anni fa.

È possibile definire l’idea di pseudocanone o canone allargato. Direi che non è possibile dare una chiara definizione.

Intanto per Canone delle opere di Sherlock Holmes (Sherlock Holmes Canon) ovvero per Sacro Canone (Holy Canon), ove non vi sia equivoco di alcun genere, si intendono i quattro romanzi e i cinquantasei  racconti scritti sotto la firma di Sir Arthur Conan Doyle, facendo riferimento una per tutte ad una delle tante raccolte complete ed integrali in lingua Inglese. Questa idea è stata messa spesso in discussione perchè alcuni studiosi, per desiderio di ampliamento dell’opera, sono convinti che alcune opere di Conan Doyle potrebbero essere aggiunte al Canone, ma noi non lo faremo. Vi sono una dozzina di storie che o sono state spacciate per Doyleiane, o non sono sherlockiane o sono parodie e che per molti costituiscono le sole storie classificabili come apocrife!

Anche se questa situazione di incertezza è tipica della realtà quotidiana noi riteniamo che le definizioni debbano corrispondere a situazioni deterministiche precise. Poichè nulla è piu preciso di un elenco debbano essere crediamo che la definizione di sacro Canone e DI apocrifo così come usualmente data si possa ritenere corretta. Pertanto ne faremo uso nel seguito.

Tentiamo ora di dare una definizione più generale.

La prima idea è quella di organizzare  un comitato di esperti, che decida se un’opera è parzialmente o interamente pseudo-canonica, attribuendo una valutazione mediante un indice. Un criterio numerico potrebbe essere quello di contare quante numericamente sono  le discordanze rispetto al canone. Quanto più questo numero è alto tanto più il pastiche è lontano dal canone.Tuttavia potrebbero esistere opere che pur presentando lo stesso indice hanno tra loro discordanze notevoli.

NOTE

(1) Prima il doppio nome di Adrian C.D. e J.Dickson Carr e poi solo quello di Adrian.  

(2) È la storia anche detta “Il caso dell’extraterrestre” da taluni criticata ferocemente. Non da me che adoro questa storia e che la considero fortemente pseudocanica. A riguardo …..

(3) Solar Pons è ambientato in un tempo nel quale come età potrebbe essere un figlio o un nipote di SH. Nell’ambito del restauro che sto operando su I diari di Waldo Rupert, che qualora fossero veri, sarebbero i diari del maestro di Sherlock Holmes, emergono delle deduzioni in relazione a Solar Pons che hio riportato nell’episodio La vera storia di Solar Pons, nel cap 3 di questo volume. 

(4) È curioso, ma avevo già il libro di Kraisky. Ma non ho provato lo stesso effetto.  Kraisky, che non conosco, mi perdonerà, il suo libro è bellissimo, ho riletto tutto forse dieci volte, ma forse la citazione del Ponte dei Frati Neri, dove sono stato a passeggiare più volte, dopo il fatto di Calvi, forse un parziale effetto “Dallas”, mi ha raffreddato all’inizio. Non ho letto subito il libro di Kraisky, Fertoniani non mi suonava perfettamente pseudo-canonico, ma è un problema solo mio, Kraisky è eccezionale e scrive benissimo, i suoi personaggi sono costruiti benissimo!

 

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