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AL KUWARIZMI (780-840) scheda Mohamed ybn Moussa è noto con l’appellativo di al–Khowarizmi (da cui la parola algoritmo). Il termine algoritmo sta a rappresentare un insieme di simboli e procedimenti di un calcolo matematico. Ybn Moussa fu senz’altro uno dei principali esponenti della matematica araba. Già nel Medioevo, del resto, con il termine di calcolo algoritmico si era soliti indicare i metodi di calcolo scritto, in contrapposizione ai calcoli effettuati servendosi di gettoni o di tabelle di calcolo; proprio dal calcolo algoritmico, inoltre, sono scaturiti i moderni metodi di calcolo aritmetico elementare.
Al-Khawârezmî, si occupò anche della risoluzione delle equazioni di primo grado, servendosi della regola della falsa posizione, e di quelle di secondo grado, considerando per queste ultime le sole radici positive, sia razionali che irrazionali. Influenzato dalla matematica diofantea, egli utilizzò il simbolo z per rappresentare l’incognita, che chiamava “lato”, ed attribuì poi nomi particolari alle successive potenze dell’incognita; ad esempio, un’equazione di secondo grado veniva da lui presentata nel seguente modo: un quadrato e dieci delle sue radici sono uguali a nove e trenta (per trentanove), cioè tu sommi dieci radici a un quadrato e la somma è uguale a nove e trenta; parimenti la soluzione veniva spiegata nel seguente modo: prendi metà del numero delle radici, cioè in questo caso cinque, poi moltiplicalo per se stesso e il risultato è cinque e venti (per venticinque). Somma questo a nove e trenta, il che dà sessantaquattro; prendi la radice quadrata, cioè otto, e sottrai da essa la metà del numero delle radici, cioè cinque, e rimane tre. Questa è la radice[1].
Nel suo libro di algebra, Al–jabr w ‘al muqâbala, si trovano proprio le due operazioni fondamentali della risoluzioni delle equazioni di primo grado: infatti, la parola al jabr significa “ristabilire”, cioè ristabilire l’equilibrio tra i membri di un’equazione mediante il trasporto di termini, mentre il termine al muqâbala significa “semplificazione”, cioè riduzione di termini simili. Successivamente la parola al jabr fu trasportata in Spagna e divenne così algebrista, che, tradotta in latino, fu trasformata in algebrae da cui derivò, infine, l’attuale nome attribuito alla disciplina, cioè algebra.
Gli Arabi risolsero per primi quelli che oggi siamo soliti denominare sistemi di m equazioni in n incognite, sostituendo nella seconda equazione il valore di una delle incognite ottenuto dalla prima e cercando poi tutte le soluzioni intere, positive dell’equazione indeterminata risultante. Si occuparono anche di teoria dei numeri, prendendo in considerazione i concetti fondamentali sviluppati in precedenza da Diofanto e successivamente approfonditi dal grande matematico europeo Leonardo Pisano.
[1] Klein, pg. 226.